Per definizione, quando in Sicilia si parla da “muntagna” si fa riferimento all’Etna. Inequivocabile il pensiero comune di meraviglia mista tra timori e apprezzamento incondizionato della natura, nell’intendere queste cicliche eruzioni come qualcosa che fa scaturire persino l’orgoglio di sentirsi per questo al centro del mondo. E’ infatti indubbio che l’Etna dia spettacolo di colori e fumo talora visibili da svariati km di distanza. E mentre continui ad avvertire il rumore del vulcano quasi fosse il tuono impetuoso di un temporale che sta per arrivare, lo sguardo si rivolge verso quella cima che ti inonda di pensieri spesso nascosti da un’onda di mistero. Mistero di una natura viva che ti dà avvertimenti, forse anche minacciosi, nel pretendere rispetto in un qualcosa che si è perso nella sfida dello strafare del proprio egoismo contro tutto e tutti: anche verso la natura. Mentre scriviamo questo articolo stiamo vedendo le immagini live dell’Etna in piena eruzione. Il cielo sopra Catania è azzurro e il fumo nero che fuoriesce dalla bocca da “muntagna” ne deturpa la luminosità e quell’abbaglio vigoroso del sole che solo questa terra bruciata d’estate e timidamente verde d’inverno riesce ad avere. E intanto continuiamo ad avvertire in lontananza il fragore del tuono lamentoso. Uno strepito assordante continuo che si propaga nell’aria, quasi fosse un lamento da “lammicu” siciliano che corrisponde a una sorta di lamento, una forma di malessere interiore che ti fa star male. Una cosa che non sai neppure tu perché avviene in te, ma si insinua a volte nell’anima senza un perché. E a “muntagna” quando decide di farsi sentire, sembra proprio che voglia manifestare al mondo il proprio malessere, le difficoltà, e chissà, magari anche il segno tangibile del reale pericolo di guerra che mette a repentaglio la pace nel mondo. Un avvertimento? Chissà! Certo è che a “muntagna” riesce sempre a dare un’interpretazione di ciò che fa, capace di andare oltre la mera spiegazione dei vulcanologi e della scienza, che poi è ciò che conta più di ogni altra cosa.
Salvino Cavallaro